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PRESIDENZA

Care amiche e cari amici,

il tema di maggior rilievo di queste settimane è indubbiamente quello che riguarda la direttiva Case Green, approvata lo scorso 9 febbraio dalla Commissione per l'Industria, la Ricerca e l'Energia del Parlamento Europeo.
 
Il principio contenuto nella direttiva è certamente condivisibile e l’argomento è di centrale importanza; come Assimpredil Ance è ormai da tempo che parliamo di sostenibilità.
 
La sfida che arriva dall’Europa, soprattutto considerando le peculiarità del patrimonio immobiliare italiano, è importante per la mole dei lavori che sarebbero da realizzare e può essere vinta solo se le regole sono chiare, sin dalla partenza, e se verranno accompagnate da un adeguato sostegno a livello italiano ed europeo.
 
È sicuramente una grande occasione per migliorare e riqualificare le nostre città. Spesso sento parlare dei costi che l’approvazione della direttiva comporterebbero, ma bisogna guardare a questi dati anche nell’ottica dei benefici che apporterebbero sia all’economia che all’ambiente.
 
Il provvedimento, che ha visto approvata la proposta di revisione della direttiva sulle performance energetiche degli edifici, sarà poi sottoposto al voto del Parlamento europeo nella prossima sessione convocata dal 13 al 16 marzo a Strasburgo. Seguiranno quindi le negoziazioni col Consiglio Ue nelle riunioni del Trilogo.
 
Più nello specifico, quanto approvato prevede che tutti i nuovi edifici debbano essere a emissioni zero e dotati di tecnologie solari ove tecnicamente idoneo ed economicamente sostenibile a partire dal 2028; i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà di autorità pubbliche dovrebbero essere a emissioni zero dal 2026; gli edifici residenziali in fase di ristrutturazione hanno tempo fino al 2032 per conformarsi.
 
La novità più dibattuta, però, è quella relativa agli edifici esistenti: secondo la nuova normativa UE per le Case Green, entro il 2030 gli edifici residenziali dovrebbero raggiungere almeno la classe energetica E ed entro il 2033 la classe energetica D; gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi energetiche rispettivamente entro il 2027 e il 2030 (la Commissione ha proposto F ed E).
 
Ci saranno poi, stando a quanto previsto dalla disposizione, diverse deroghe, ad esempio, per gli edifici storici e artistici, gli edifici di culto e per le seconde case, se utilizzate per meno di quattro mesi l’anno. Altre esenzioni riguardano edifici temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a due anni, siti industriali, officine e depositi.
 
Sicuramente, per misurare l’impatto che una tale normativa ha nei confronti della nostra economia, è utile tenere a mente alcuni dati: il settore delle costruzioni nel biennio 2021/2022 ha pesato per un terzo del PIL, facendo segnare un +20,1% nel primo anno e un +12,1 nel 2022.
 
A questa crescita hanno contribuito gli investimenti legati al superbonus e alle ristrutturazioni, ma anche la ripresa dei lavori pubblici e del mercato del nuovo.
 
Dal 2018 al 2020, senza interventi di cessione del credito, in Italia, si sono registrati quasi 9.000 interventi di efficientamento energetico sugli edifici, una media annua di poco meno di 3.000 interventi.
Dal 2021 al 2022, grazie alla cessione del credito, si è intervenuti su 365.437 edifici, con una media di 180.000 edifici all’anno.
 
L’esperienza degli ultimi anni dimostra che la nostra capacità di intervento potrebbe raggiungere l’obiettivo posto dall’UE nell’orizzonte del 2050. Qualsiasi termine precedente potrebbe essere infattibile nel nostro Paese se non saranno messe in campo incisive e tempestive azioni per sostenere la crescita del tessuto imprenditoriale a partire dal pesante deficit di personale qualificato. Infatti, le previsioni di assorbimento di forza lavoro per le opere del PNRR portano ad una stima di fabbisogno crescente da oggi fino al 2028, con un picco nel 2025 di oltre 65.000 persone. Già per quest’anno si stima una carenza di personale di 53.800 operai e 10.600 impiegati.
 
È anche di fondamentale importanza definire una politica strategica del nostro Paese di lungo respiro che consenta al mercato dell’offerta, sia lato imprese per la capacità produttiva, che lato banche per il recupero dei crediti, di far fronte a una domanda potenzialmente infinita. Oltre alla carenza di manodopera, c’è anche un problema di imprese. Al netto dei trasferimenti di proprietà, dal 2020 al 2022, la manutenzione straordinaria è passata dal 20,7% al 38,8% del volume degli investimenti complessivi del settore delle costruzioni. Dobbiamo, quindi, chiederci come la filiera delle costruzioni, nel futuro, sarà in grado di attrezzarsi per rispondere al cambiamento del mercato. Consapevoli che l’impresa è un soggetto sempre in grado di cambiare se ha i tempi coerenti alle opportunità che si presentano.
 
Ad oggi, però, il tessuto delle imprese che operano nel settore è fiaccato dall’esito negativo della gestione della cessione dei crediti che ha messo in ginocchio le imprese manifatturiere dell’edilizia, ovvero quelle che hanno uomini e mezzi per poter lavorare nei cantieri. Se non si risolve rapidamente la questione dei crediti incagliati, distruggeremo il tessuto di competenza e di capacità di lavoro che oggi il mercato ha.
 
Dopo l’imprevisto Decreto legge dello scorso 16 febbraio, che ha definitivamente affossato la cessione del credito, l’incontro che abbiamo avuto a Palazzo Chigi con la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e con il Ministro Giorgetti il 20 febbraio ha aperto un flebile spiraglio.
 
Durante l’incontro tenutosi a Palazzo Chigi  tra la Presidente ANCE , Federica Brancaccio, e  il Governo – per voce del Sottosegretario Mantovano e del Ministro Giorgetti – abbiamo avuto conferma che la stretta è stata determinata dalla riclassificazione, richiesta da Eurostat, dell’intero importo dei lavori realizzati e oggetto di cessione a deficit, negli anni di realizzazione degli interventi e non più spalmati negli anni.
 
Su questo tema è in corso la quantificazione dello stock 2021-2022 e della previsione 2023, pertanto potrebbero cambiare alcuni dei presupposti che hanno classificato come debito questo importo. Ci è stato inoltre riferito che fosse necessario mettere fine subito ad una misura che stava creando forti criticità alle casse dello Stato, anche se più volte ANCE ha dimostrato che tale importo era ampiamente compensato dagli introiti che lo Stato ha incassato con altre tassazioni.
 
Il Governo ha poi indicato di essere pienamente consapevole della necessità di intervenire in tempi rapidi per trovare una soluzione efficace per le imprese e le famiglie che sono oggi in forte difficoltà per l’impossibilità di monetizzare i crediti.
 
Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, i crediti incagliati ammontano a circa 19 miliardi di euro per le imprese delle costruzioni.
 
Per sbloccare i crediti  il Governo ha  aperto alla possibilità di prevedere in via straordinaria la possibilità di compensare con l’F24 di altri soggetti (correntisti), proposta da tempo elaborata da ANCE in accordo con ABI. Il Governo ha anche aperto a lavorare meglio, nella fase di conversione del decreto, sulla disciplina transitoria per il pregresso (in particolare Sismabonus acquisti, Ricostruzione Sisma, IACP/RSA, eventuale riporto del credito su anni successivi, ecc).
 
Per il futuro  si sta  discutendo sui nuovi bonus e anche sulla possibilità di prevedere, in modo molto selettivo (ad esempio incapienti) ed in funzione degli spazi di finanza pubblica, l’utilizzo dello strumento della cessione.
 
Durante l’incontro, ANCE ha ribadito la posizione molto ferma tenuta in questi giorni e sottolineato in particolare la necessità di mettere fine ad un racconto che presenta la misura come uno spreco di fondi e che presenta imprese e famiglie che hanno utilizzato i bonus come irresponsabili o criminali.
 
Quali scenari per il futuro? Lo scenario più pessimistico è quello in cui non si trova una soluzione al problema dei crediti incagliati: in questo caso sarebbero a rischio 115mila cantieri, oltre 32mila imprese e 170mila lavoratori.
 
Lo scenario più ottimistico, invece, quello che auspico possa verificarsi, anche alla luce del recente incontro tra il Governo e ANCE, è quello in cui si possa percorrere la strada degli F24, oltre all’istituzione di un tavolo tecnico immediato di confronto per il futuro.
 
Noi stiamo combattendo battaglie molto difficili, ma non ci fermeremo fino a quando non avremo messo in condizione le imprese di fare il loro lavoro.
 

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