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PRESIDENZA

Care Amiche e Cari Amici,

ho di recente avuto il piacere di partecipare al convegno “L’acqua l’oro di sempre”, organizzato a Genova dalla Federazione Nazionale Cavalieri del Lavoro: un’occasione di confronto e di riflessione su un tema di centrale importanza al giorno d’oggi.

Come costruttori sappiamo bene che la vita dell’uomo da sempre si è sviluppata intorno all’acqua: come fonte di vita, infrastruttura di mobilità, sistema di protezione, ma anche furia devastatrice. Ma nel tempo abbiamo dato per scontato che si potesse abusare di questa risorsa sprecandola e inquinandola, il più delle volte non pagandola.

Oggi siamo tutti consapevoli che l’acqua è l’oro del nuovo millennio, che potrà essere causa di futuri conflitti mondiali, che bisogna cambiare passo. È una risorsa limitata, fonte di vita indispensabile, la cui disponibilità è sempre più condizionata dai cambiamenti climatici.

Una questione urgente e prioritaria da affrontare è il dissesto idrogeologico: siamo chiamati come settore a mettere in campo tecnologia e competenza per rendere resiliente il territorio, per renderlo più resistente ai nuovi scenari climatici ed è una sfida difficile da giocare per molti fattori.

Prima di tutto quello territoriale. L’Italia, infatti, per caratteristiche geografiche e morfologiche, è uno dei Paesi del mondo maggiormente esposti al rischio idrogeologico, il che richiede capacità di programmazione e pianificazione costante della manutenzione del territorio. Da maggio 2013, senza considerare i gravi eventi alluvionali che in questi giorni hanno colpito l’Emilia-Romagna e le Marche, la Protezione civile ha dichiarato ben 135 stati di emergenza per eccezionali eventi meteorologici, alluvioni e frane.

Che l’Italia sia molto esposta ai rischi naturali è evidente anche dall’uso del Fondo di solidarietà dell’UE, che negli ultimi 20 anni ci ha visti come maggior beneficiario con oltre 3 miliardi di euro ricevuti, pari a circa il 37% dell’importo totale erogato a 28 Paesi europei (8,2 mld).

Eppure, come ci ha ricordato anche la Commissione europea, ogni euro speso in prevenzione permette di ridurre di almeno 4 euro le spese legate all’emergenza, alla ricostruzione e al risarcimento dei danni provocati dalle calamità naturali

L’ultimo dei piani nazionali è del 2019, il “Piano ProteggItalia” che prevedeva uno stanziamento complessivo di 10,8 miliardi, successivamente innalzati a 14,3 miliardi di euro fino al 2030, con l’obiettivo di superare l’approccio emergenziale al tema del dissesto attraverso l’individuazione di misure specifiche di emergenza, di prevenzione, di manutenzione e misure organizzative, gestite per competenza da più Amministrazioni statali.

ANCE ha rilevato che la disponibilità di risorse ha cominciato a produrre i primi effetti sul livello degli investimenti a partire dal 2019. I dati della Ragioneria Generale dello Stato, riferiti alla spesa in conto capitale dei comuni per opere di sistemazione del suolo e infrastrutture idrauliche segnano negli ultimi 4 anni un incremento del 66%.

Ma è sufficiente disporre delle risorse necessarie? Secondo gli ultimi dati disponibili della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per la realizzazione di un intervento di difesa del suolo, sono necessari in media 4,2 anni.  Si passa da 2,7 anni per le opere inferiori a 100.000 euro e a 8,3 anni per quelle di importo superiore a 5 milioni di euro. Sono tempistiche inaccettabili se si considera che il 57% del tempo stesso è impiegato per le fasi di progettazione, a monte della gara per l’affidamento dei lavori.

Nell’analisi che ANCE ha prodotto durante le audizioni con il Governo, è stato rilevato che le piogge intense in Italia sono aumentate del +45,4% all’anno negli ultimi 15 anni, passando da un valore medio di 45 nel periodo 2005-2009 a 275 nel 2015-2019 e i recenti drammatici eventi atmosferici che hanno colpito i nostri territori ne sono preoccupante, ulteriore testimonianza.

Gli allagamenti nelle citta` sono cresciuti annualmente del +27,7% da una media di 3 nel periodo 2005-2009 a una media di 54 nel 2015-2021. Questo a fronte di lunghi periodi di siccità con pesanti ricadute sulle persone oltre che sulle merci.

Cosa fare, dunque?  Prima di tutto bisogna prevenire, partendo da un piano nazionale di rigenerazione urbana che consenta di programmare e poi effettuare nei tempi previsti una adeguata manutenzione del suolo e una riqualificazione del costruito in modo da ridurre al minimo il rischio idrogeologico.

Inoltre, è necessario investire sulla base di una strategia di lungo periodo per il rinnovo della rete idrica infrastrutturale al fine di minimizzare le perdite idriche e considerare l’efficientamento dei consumi idrici come l’efficienza energetica e prevedere analoghi incentivi.

A livello di cantiere ci sono leggi e buone prassi di gestione su cui far crescere una cultura diversa dell’uso dell’acqua. La nostra è una filiera lunga e articolata, certamente una attenta progettazione può ridurre i consumi idrici, una buona esecuzione ne potenzia i risultati, ma poi sono i consumatori a rendere efficace questo processo virtuoso.

Ognuno può e deve fare la sua parte, nessuno può restare fuori dalla costruzione di un futuro più sostenibile.

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