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APPALTI

PERCHÈ CHI OPERA NELL'AMBITO DEGLI APPALTI PUBBLICI NON PUÒ TRASCURARE L'IMPORTANZA DEI MODELLI ORGANIZZATIVI 231

Non si può negare che, per quanto utili al business aziendale, anche solo al fine di ottenere agevolazioni e chance di mercato, le certificazioni ed i modelli di compliance vengano visti con diffidenza e considerati alla stregua di necessari adempimenti normativi o, peggio, burocratici.

L’approccio verso i modelli organizzativi 231 non fa eccezione.

Tuttavia, la valutazione dell’imprenditore circa la necessità di adottare un MOG merita un esame ben ponderato, tanto più se l’azienda in questione opera nell’ambito dei lavori pubblici.

Chi opera nell’ufficio gare ha sicuramente presente il riferimento all’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo dell'8 giugno 2001 n. 231, giacché integra una delle cause di esclusione dalle gare dell’operatore economico nonché dal sistema stesso di qualificazione per accedere al mercato dei lavori pubblici. Si tratta, invero, della sanzione interdittiva che comporta il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.

Questo per puntualizzare come il legame fra i modelli organizzativi 231 e il mondo degli appalti pubblici sussista sin dall’origine della normativa che ha introdotto la responsabilità amministrativa d’impresa nel nostro ordinamento.

I modelli 231 sono, appunto, strumenti di compliance normativa volti a scongiurare il rischio di commissione di reati da parte di soggetti che occupano posizioni apicali e determinano l’azione dell’ente.

Proprio di recente, il Decreto Giustizia è intervenuto sugli artt. 24 e 25-octies.1 del D.lgs. 231 aggiungendo tre nuove fattispecie di reato: turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.) e trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.); i quali, se realizzati nell’interesse o a vantaggio dell’ente, possono comportarne la responsabilità amministrativa da reato.

Non passa inosservato che le fattispecie criminose integrano un profilo di rischio specifico per chi si occupa di appalti e ha quotidianamente uno stretto rapporto professionale con la Pubblica amministrazione.

La scelta di adottare precise policy aziendali, declinandole secondo i principi disciplinati dal D. Lgs. 231, persegue il duplice obiettivo di garantirsi l’efficacia esimente dei modelli organizzativi ma anche di mettere in chiaro, nero su bianco, l’impegno aziendale verso la legalità, pur nella consapevolezza dei rischi con i quali l’impresa e l’imprenditore si confrontano quotidianamente.

Non si trascuri, poi, che il beneficio dei modelli organizzativi 231 non si esaurisce solo contestualmente alla situazione patologica (reato presupposto) ma ha effetti indiretti notevoli. Basti pensare alla valorizzazione del possesso del MOG231 nell’accesso al credito o nel sistema del Rating di Legalità – istituito presso l’AGCM – oppure, rimanendo nell’ambito stesso degli appalti pubblici, alla possibilità di vedersi riconoscere un punteggio premiale nelle gare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Va da ultimo segnalato che i modelli organizzativi 231 sono, ad oggi, uno strumento più che valido nell’ottica dell’istituto del self-cleaning, riconfermato dal nuovo Codice dei Contratti, che pur in presenza di cause di esclusione obbligatorie, consente all’operatore economico di provare di aver adottato provvedimenti concreti e idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti.

Sara Acerbi – Assimpredil Ance

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